Volontari
2Dic/130

Dall’isola di Bubaque

bubaque 2Il borgo alle spalle, la moto che si fa spazio tra le buche in quella che un tempo era la lingua d'asfalto che univa le  due estremità dell'isola, da Bubaque fino alla spiaggia di Brus. Lungo il cammino si intravedono capanne, piccole case, donne con gonnellini di paglia che si prendono cura dei più piccoli e uomini dall'aria stanca che riposano all'ombra di una mangueira. Ci sono bambini che corrono inseguendo un vecchio pneumatico, adolescenti che hanno da poco finito una faticosa partita di calcio, ma più mi avvicino a Brus e più dall'orizzonte compaiono sagome che vengono da lontano. Rallento – bom dia ,bom dia, bom dia! – la voce di un ragazzo che accompagna il mio passaggio.

Mi fermo, vedo che tutti hanno del pesce di varie dimensioni, un breve scambio di battute con Pedro che mi informa sull'arrivo della piroga dei pescatori. Continuo la mia strada attraverso una vegetazione incredibilmente rigogliosa, ennesima curva, rallento la strada cede il passo alla sabbia bianca che si perde nel blu. Lo spettacolo è unico: a destra l'isola di Orangozinho, a sinistra l'isola di Canhabaque e davanti l'orizzonte incapace di distinguere il cielo dall'oceano. C'è la piroga, i pescatori stanno risistemando le reti mentre i bambini si contendono i pesci, precedentemente separati da quelli destinati alla vendita. Finita l'attività commerciale la spiaggia si svuota, resto solo per chilometri di bianco che si allarga e restringe in base alle maree. Cammino verso una zona dove palme e piante di cajù riparano dal sole, sento profumo di pesce, qualcuno approfitta dell'ombra per concedersi uno spuntino. Si presenta: Zè, 25 anni, pescatore, 4 figli, etnia Bijagós. Mi dice di approfittare della marea ancora alta per farmi una nuotata, perché quando si abbassa c'è il rischio di trovare spiacevoli sorprese nascoste nel bassissimo fondale.

Ascolto il consiglio e dopo una breve nuotata, incuriosito dalla sua presenza, torno nella zona d'ombra e continuo a conversare. Zè mi parla dell'etnia Bijagós e dell'importanza della pesca nella loro economia. E' dedito a questa attività da quando era bambino e osservando lo scarso quantitativo pescato, con un velo di nostalgia ricorda gli anni in cui il pesce abbondava sia per quantità che per varietà. Il legame dei Bijagós con il proprio ambiente è unico, nel corso dei secoli sono stati sapienti nel conservare questo immenso patrimonio grazie al loro legame, la loro appartenenza basata su riti, ritmi ed economia, che non aveva bisogno di armonizzarsi con il territorio, in quanto ne era una naturale estensione.

Ancora oggi è così, ma l'invecchiamento della popolazione, dovuto al fenomeno di fuga dei giovani, rischia di creare un vuoto generazionale nella condivisione della sapiente eredità etno-culturale. Mentre consumiamo il mata-bitchu gli chiedo cosa faranno i suoi figli una volta adulti, sorride e con aria fiera mi conf

essa che il suo sogno è di restare uniti.

- A che ora torni a Bubaque?- mi chiede, - Bu misti buleia? - rispondo.

Lui sorride senza aprire bocca. In pochi minuti lascio la meravigliosa spiaggia di Brus con a bordo Zè la sua rete ed il sacco per trasportare il pesce. Alla prima Tabanka che incontriamo mi chiede di fermarmi: scende, saluta e ringrazia i proprietari a cui rende l'attrezzatura da pesca ed una manciata di pesci in segno di gratitudine. L'arte delle pesca è l'eredità del padre, ma purtroppo l'attrezzatura non era contemplata nel testamento. E così torniamo in marcia, ancora qualche chilometro e poi, nel nulla, mi dice di essere arrivato. Non vedo case solo una piccola bolanha coperta dall'immensa vegetazione. Uno scambio di saluti e ringraziamenti, lui per la buleia io per la colazione e la cordiale conversazione. Pochi passi e la sagoma di Zè si estingue nel mato, chissà quanto dovrà ancora camminare prima di poter riabbracciare la sua famiglia. Continuo per la mia strada. Penso a quello che mi circonda, al bene comune concepito come identità etnica e culturale, come fonte di vita e di saggezza. Penso al progetto che stiamo implementando per rendere Bubaque polo del turismo sostenibile, a quanto sarebbe bello tornare tra qualche anno e vedere i giovani bijagós impegnati nella conservazione e gestione del loro territorio. In ogni caso, spero di non dover tornare da solo, perché un posto speciale ha bisogno di essere condiviso con qualcuno di speciale.

Mangueira – Albero di mango

Bom dia ,bom dia, bom dia! - Buongiorno!

Mata-bitcho – colazione

Bu misti buleia? - Vuoi un passaggio?

Tabanka – villaggio

Bolanha – risaia

Mato – foresta

Simone Nardicchia, Volontario in Guinea Bissau con il Servizio Volontario Europeo

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