Volontari
17Apr/230

Carnevale – La festa della carne

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Il Carnevale di Rio de Janeiro è conosciuto a livello mondiale per essere il più grande spettacolo del mondo. Ogni anno si riuniscono milioni di persone: la città si riempie di cittadini brasiliani e turisti di varie nazionalità che partecipano a questo evento e successivamente, come da tradizione, abbandonano tutti i piaceri mondani a partire dal Mercoledì delle Ceneri. 

I festeggiamenti iniziano diverse settimane prima del Carnevale e prevedono gli allenamenti e le prove per la Parata di Samba, i blocos de rua, la musica, l’entusiasmo per le strade e gli stravaganti e sfarzosi costumi indossati da bambini, giovani e adulti. 

Conosciuta anche come la festa del peccato, questa tradizione ha origini ben più antiche di quanto ci si possa immaginare e radici storiche che sono certa non tutti conoscano.
Difatti, il Carnevale, così come noi lo conosciamo, nacque in opposizione alle prime autorità della Chiesa medievale come una festa popolare nella quale il diavolo era rappresentato come la “scimmia di Dio”, una sorta di folle e malvagio pagliaccio. Proprio per questo, sin dalla sua nascita, questa festa è stata portatrice di scherzi maliziosi e divertenti, che spesso cadevano in rappresentazioni satiriche delle varie figure religiose, finendo quindi per inimicarsi, durante lo scorrere dei secoli, numerosi vescovi e Papi.
A dominare le settimane del Carnevale sono sentimenti di esaltazione, istinti irrazionali, che si oppongono fortemente alle linee guida e agli insegnamenti della Chiesa cristiana. Come ci possa aspettare, la Chiesa si è sempre fortemente opposta alla celebrazione di questa festa, ma, non riuscendo a eliminarla, si è limitata a condensare questa festività pagana, caratterizzata dall’organizzazione di molte feste, consumo di alcolici e altri tipi di piacere, a un periodo dell’anno che precede la Quaresima.
Da qui il nome Carnevale, termine di origine latina, letteralmente “carnis levale”, che significa “togliere la carne”, per indicare l’ultimo banchetto prima dell’inizio del periodo di Quaresima.

Io, quest’anno, ho avuto la fortuna di parteciparvi e di assistere in prima persona alla grandiosità di come la festa viene vissuta a Rio de Janeiro.
Approfittando della chiusura estiva del centro presso cui svolgo servizio civile, ho fatto richiesta al mio ente ospitante di prestare servizio presso l’Instituto Leonardo Murialdo, un’opera sociale creata dai Padri Giuseppini nel quartiere di Quintino.
Un quartiere a nord rispetto al centro storico di Rio de Janeiro, una realtà tutt’altro che tranquilla, sede di numerose favelas, o comunidades, il cui controllo è combattuto tra due bande criminali, il Comando Vermelho, la cui attività principale è lo spaccio di droghe, e la Milícia, composta perlopiù da militari, poliziotti e pompieri corrotti o che già hanno lasciato l’arma, e il cui servizio è quello di offrire protezione (da loro stessi, aggiungerei) agli abitanti del quartiere in cambio di somme di denaro. Ma questa è un’altra storia che, a mio parere, merita un articolo a parte. Ritorniamo così alla mia esperienza di volontariato presso l’Instituto Leonardo Murialdo.
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Con l’aiuto delle mie colleghe, abbiamo svolto numerose attività con i bambini e gli adolescenti dell’opera, le quali mi hanno permesso di conoscere più in dettaglio la storia, gli usi e i costumi del Carnevale di Rio. Dalla mia parte, ho contribuito presentando ai beneficiari del centro alcune delle tradizioni italiane più folcloristiche: le maschere veneziane, i carri allegorici di Viareggio, la battaglia delle arance tipica della provincia piemontese di Ivrea e, più in generale, la ricca cultura del teatro e delle maschere carnevalesche, con particolare attenzione alla figura di Arlecchino. Era quasi magica l’atmosfera che si era creata, i ragazzi erano rapiti dai disegni che avevo fatto e dalle didascalie a lato, sono saltate fuori così tante domande da parte loro che, nel rispondere e raccontare le storie italiane, avevo come l’impressione di viverle nuovamente sulla mia pelle e mi sono sentita per alcune ore più vicina al mio Paese e agli affetti lasciati in Italia, ormai già da diversi mesi.

Io credo che nel vivere questa esperienza, abbia provato in poche settimane uno di quelli che rientra negli obiettivi principali del servizio civile, ma che è allo stesso tempo, tappa nel percorso di creazione dello stesso, e cioè la condivisione di conoscenze e lo scambio tra culture. Mi sono donata e ho ricevuto tanto, provando un forte sentimento di gratitudine che, a dirla tutta, mi accompagna ogni giorno in questa intensa e breve avventura che è lo SCU e che forse reputo uno dei più grandi regali che si riceve mettendosi così in gioco e aprendosi al confronto.

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