Volontari
10Mar/140

ep. 6 – i tempi morti, i libri e la sovversione

Nel vecchio continente non è così raro vedere qualcuno con un libro in mano, che legge. Niente di cui stupirsi. A volte si cede all’irresistibile tentazione di sbirciarne il titolo, e può capitare di imbattersi in qualche volume dei cari Volo o Moccia, o nelle 50 sfumature del colore del momento. Si storce il naso, ma niente di più.
Quì in Messico, o per lo meno ad Aguascalientes, dove un testo classico costa almeno come cenare fuori, invece è qualcosa di insolito, sovversivo forse. Un momento vuoto, tiri fuori il libro ed inizi a leggere. Bambini e ragazzi ti guardano a volte ti chiedono con tono sorpreso se ti piace molto leggere. Esistono progetti, iniziative di promozione alla lettura, ma forse quello che meglio continua a funzionare è il pure esempio: ultimamente, mi capita infatti che seminaristi mi chiedano libri in prestito, che un ragazzino dell’Apoyo – dopo avermi raccontato con soddisfazione di essersi iscritto alla biblioteca di quartiere, mi chieda di consigliarli qualche bel titolo adatto a lui (e intanto inizia a leggere la ‘Divina Commedia’).

Gocce nell’oceano, soddisfazioni personali.

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Biagio Grillo, Volontario in Messico con il Servizio Volontario Europeo

24Gen/140

ep. 5 – Le mani, le tabelline e la magia

Che sia un’espressione, una divisione, o un piccolo problema di geometria, il problema alla fine è sempre quello: quelle maledette tabelline.
Non è un problema da poco. Teorie dell’apprendimento parlano di una certa soglia (l’età del passaggio tra le elementari e le medie) superata la quale è quasi inutile insistere nel memorizzarle. Se la situazione è disperata, allora serve la magia.

- 9×5?
- ….
- Dai sù… Niente? Bene allora ricorriamo alla magia… Da questo momento le tue dita sono incantate e, al contrario di te, conoscono perfettamente la tabellina del 9… e possono suggerirti!
- Eh?
- Stendi le mani… quante dita sono?
- 10!?!
- Sì, 10…
- Dunque: Se ti chiedo 9×1, basta nascondere il 1° dito e le tue dita ti diranno la risposta… 9×2 il 2°, 9×3 il 3° e così via.

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Pronto?

- Mmmm allora…nascondo il 5° dito… 45!
- Esatto! Vedi è magia…

 

Biagio Grillo, Volontario in Messico con il Servizio Volontario Europeo

8Gen/140

ep. 4 – Natale zapatista

2013-12-25 15.20.51 Oventik Sakamchen, territorio zapatista rebelde

Natale in Chiapas” potrebbe forse essere il titolo di un improbabile cinepanettone. Di certo è il titolo di una esperienza in cui partendo da un progetto di cooperazione in un paese sconosciuto ne arriva una personale e proficua fonte di acculturazione...

6Nov/130

ep. 3 – La Grammatica, l’Utopia, la Cooperazione

2013-10-22 17.30.54

Quello della cooperazione è certamente un mondo complesso, fatto di sorrisi, delusioni e soprattutto attese. Ingrediente basilare non può però non essere un pizzico di sogno e, pensando ai celebri versi di Galeano, di “Utopia”...

Se l’italiano ammette l’uso transitivo di ‘sognare’ e dunque si può dire “ti ho sognato” oppure “ho sognato un mondo migliore”, non così lo spagnolo che ne ammette il solo uso intransitivo.
Certo, la lingua è lo strumento comunicativo principale con cui ci relazioniamo con il mondo circostante. Uno strumento limitato, con cui spesso ci si limita a sfiorare l’oggetto o solo ad avvicinarlo per contrasti o approssimazione. Eppure, in questo caso, la lingua spagnola ci indica la strada:  ‘soñé contigo’, ‘soñé con un mundo mejor…‘.

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Non importa dunque cosa o chi si sogna, ma con chi. Mi sembra una buona definizione di “corretta” cooperazione: il sogno si condivide ed insieme si costruisce il cammino.

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Lei è all’orizzonte.
Mi avvicino di due passi,
lei si allontana di due passi.
Cammino per dieci passi e
l’orizzonte si sposta
dieci passi più in là.
Per quanto io cammini,
non la raggiungerò mai.
A cosa serve l’utopia?
Serve proprio a questo: a camminare.

(E. H. Galeano)

17Ott/130

ep. 2 – L’insostenibile leggerezza di un pallone sgonfio

Una “missione” delicata come la nostra, in un contesto culturale tanto diverso e lontano, prima della partenza ed in corso d’opera, genera un flusso continuo di raccomandazioni:Da parte dell’Ente:  – “Non esitate a fare domande!”, – “Non chiedete troppo!”, – “Esagerate, ma non troppo!”. Da casa: – “Vai piano, stai attento!” (prima di prendere il volo); – “Non prendere freddo!” (un attimo dopo aver descritto quanto picchi il sole); – “Non ti appesantire!” (in reazione alla descrizione della dieta tipica a base di fagioli, carne e chile). E così via…Nessuno mai, però, che ti avvisi del vero pericolo, in agguato dietro l’innocenza di un pallone che mestamente rotola nel meriggio messicano. Un pallone sgonfio al punto giusto che, se non causa alcun pericolo nei bambini del posto, ormai immuni da generazioni, può regalare ad ignari cooperanti d’oltreoceano cadute con avvitamenti carpiati o doppio salto mortale.

Tutto questo a conferma che, cadute e polsi malconci a parte,  a bambini e ragazzi basta davvero poco per divertirsi. Qui ad Aguascalientes come altrove. Basta un pallone, per sgonfio che sia, e lo stare insieme.

Lo stare insieme funziona un po’ meno per compiti e tareas, ma per quello ci stiamo attrezzando.

 

Biagio Grillo, Volontario in Messico con il Servizio Volontario Europeo

14Ott/130

Buscando el Levante por el Poniente – ep.1

Arriviamo in Messico, destinazione Aguascalientes, dopo 3 scali, 1 oceano. Un viaggio interminabile di cui, anche per colpa del fuso orario, non riesci a calcolare la durata. Quando stai per giungere allo stremo della sopportazione, lo schermo ci tiene ad avvisarti che stiamo sorvolando un’improbabile Itaca nordamericana.

Infine ecco, ti accoglie un cielo che sembra più vicino e nuvoloni come meringhe giganti anche, poi in ordine sparso:2013-10-06 09.54.11_huerta

  • i peperoncini rossi della huerta e la conseguente facile predizione di quello che sarà l’ “segreto” di ogni pasto;
  • un sole che ti picchia in fronte come un instancabile battitore di béisbol,
  • le domande a bruciapelo ed un po’ scapestrate dei seminaristi che tentano bonariamente di instaurare contatti interculturali;
  • montagne di tortillas, che dopo appena qualche giorno arrotoli su una mano con l’abilità innata di equilibrista gitano;
  • le risate dei bambini che non riescono a pronunciare il tuo nome, appena prima  di scoprire che ti chiami proprio come il loro nonno emigrato chissà quanti anni prima;
  • gli apparentemente innocui “picos de palomas” sottolio che ti vengono offerti con indubbia generosità ma (soprattutto) nell’ammiccante attesa di quell’esplosione che il tuo viso di gringo mostrerà…

Che altro? Siamo appena arrivati, un pò di pazienza insomma… Saludos.

 

Biagio Grillo, Volontario in Messico con il Servizio Volontario Europeo