La Virgen Morena
Ogni 12 dicembre, in Messico, viene celebrata la Virgen Morena, una festività che si basa sulla leggenda del manoscritto, secondo il quale, nel 1531 fece un’apparizione di fronte all’indio Juan Diego nel cerro del Tepeyac.
In questo incontro così improbabile e creduto da milioni di cattolici messicani, la Vergine chiede a Juan Diego di andare dal frate Juan de Zumarraga per costruire un tempio in quel luogo. Inizialmente il frate non crede alle sue parole, ma di ritorno a un secondo incontro divino, la vergine lo invita a cogliere rose e riporle nella tilma: quando Juan Diego le consegna al frate, l’immagine della Virgen de Guadalupe appare miracolosamente stampata tra i suoi abiti: ha resistito 500 anni, ora stampata nell'immaginario collettivo messicano. L’immagine santificata si trova attualmente nella Basilica de Guadalupe come prova del miracolo. Una storia che ogni messicano conosce fin dall'infanzia.
Il primitivo documento delle apparizioni della Vergine di Guadalupe è il Nican Mopohua così chiamato perché inizia con queste due parole che significano “Qui si narra, si racconta”. Il testo fu scritto in lingua nàhuatl dall'indio saggio Antonio Valeriano (coevo di Juan Diego). Il linguaggio utilizzato è simbolico: oltre alla comunicazione effettuata mediante parole, ha un senso che va oltre, più profondo e pieno. Sia storici, che eruditi e religiosi si prodigarono a far luce o difendere l’apparizione. I cosiddetti “antiaparicionistas “, che dubitano non della fede ma della veridicità di questa storia e dell’importantissima ombra che si porta dietro il mito guadalupano. Questa ombra ha un nome: Tonantzin. Quella divinità della cosmologia preispanica ha fatto luce su un mito ancora più antico e fondamentale per comprendere l’attuale pensiero del messicano contemporaneo. Prima della conquista spagnola, c’era un tempio di culto per la dea Tonantzin, in cui arrivavano persone provenienti da tutto il paese di Anahuac (come veniva chiamata la federazione di tribù). Negli istoriali, i frati spagnoli si erano resi conto di questo: i messicani e gli altri popoli Nahuas credevano che la madre degli dei apparisse sulla cima del cerro del Tepeyac.
La religione azteca aveva un forte sincretismo che i ricercatori non sono stati in grado di risolvere: la mutazione di Tonantzin con nomi diversi ma con lo stesso significato. Pertanto, hanno considerato Tonantzin, Coatlicue, Cihuacóatl o Tetéoinan come “la madre divina” o “la de falda de serpientes”. Alcuni antropologi ritengono che sotto il nome di “Cihuacoatl “La Mujer Serpiente”, si fosse celata anche una protettrice delle donne. La leggenda miracolosa già menzionata dell'immagine incarnata nella tilma dell'indio Juan Diego, prende un'altra visione più obiettiva, se vengono analizzati i fatti e i simboli che si manifestano nel dipinto, poiché contiene elementi di idee totalmente pre-ispaniche, rappresentati con prospettive cattoliche. Contiene, ad esempio, retorica come “La Flor y el Canto”, una delle filosofie, se si desidera vedere dalla prospettiva occidentale, più avanzate nel mondo nahuatl. La tunica della Guadalupe è coperta di fiori dorati: simboli che rappresentano parole e concetti nahuatl. Il più significativo è il fiore di gelsomino a quattro petali, numero delle 4 direzioni dell'universo. Questo fiore è posto sul suo grembo materno, identificando il suo bambino come divino che regna su queste direzioni cosmiche. Il fiore a otto petali appare otto volte e rappresenta il pianeta Venere. Il movimento di Venere, rappresentato da Quetzalcoatl, fu una misura significativa nel calendario messicano poiché si basava sui cicli della Terra e di Venere attorno al Sole e alla Luna intorno alla Terra. Il grande fiore del triangolo rappresenta “las montañas” e il lungo gambo ricurvo "el agua" che insieme rappresentano il concetto delle caratteristiche geografiche più essenziali della nazione necessarie per la vita umana, secondo il popolo messicano. Coatépetl è la montagna sacra, la città natale di Huitzilopochtli. L'immagine della Vergine di Guadalupe la mostra con il sole alle sue spalle e la luna ai suoi piedi. Per i conquistatori, questo simboleggiava il loro potere sui due figli di Coatlicue, il dio del sole, Huitzilopochtli e la luna Coyolxauhqui. La luna si trova nel medesimo quarto in cui si trovava nel giorno e nell’ora esatta dell’apparizione, così come le costellazioni nel manto, metafora del cielo stellato (la disposizione degli astri è descritta in prospettiva aerea, come se un satellite ne avesse catturato la mappatura). Altro sguardo oggettivo si trova nell’iride della Virgen, dal momento che l’immagine riflessa non è quella di Juan Diegp di fronte, bensì di spalle, mentre si inginocchia, come se fosse una visione onirica. Sotto i suoi piedi c'è un angelo con ali d'aquila. L'aquila per i messicani simboleggia il coraggio di un guerriero, legato a Huitzilopochtli che rappresentava la lotta del Sole contro i suoi fratelli la luna e le stelle, che vinceva ogni mattina come Cuautehuanitl "el águila que asciende " e come Cuahtémoc “el águila que desciende”. Si riferisce anche al nome indigeno di Juan Diego, Cuauhtlatoatzin, che significa "colui che parla come un'aquila". La Vergine di Guadalupe è incinta. Normalmente, le donne messicane indossavano la fascia nera in vita durante la gravidanza. Eppure è vergine: la mandorla diadema dettaglio del collo ne è la prova.
Chiara Barlocco, Volontaria in Servizio Civile in Messico
Leave a comment
Devi essere connesso per inviare un commento.