Los Fariseos de Hermosillo
“… Straccioni che senza vergogna portaste il cilicio o la gogna
andarvene non fu fatica perché la morte vi fu amica.”
F. De Andrè
Uno strano meccanismo innescato nella mente umana da secoli di convenzioni e creazioni mentali ci da la certezza che ad ogni rinuncia o sacrificio corrisponda una contropartita considerevole, in egual maniera dar forma fisica ai nostri “demoni” è un ottimo modo per risolvere problemi e blocchi psicologici, la scuola sciamanica, maestra in questo approccio, insegna di riuscir a fronteggiare moderne piaghe psicologiche molto più profondamente che qualsiasi scienza contemporanea.
A partire dal mercoledì delle ceneri qui in Hermosillo uno di questi fenomeni che accomunano sciamanesimo, cristianesimo e psicologia trova forma vivente nei tipici “Fariseos”.
Li si può incontrare in ogni incrocio e in ogni via della città, sempre accompagnati dal suono dei loro tamburi, flauti, e strani strumenti fatti di conchiglie e legni che si collocano nel bacino e nelle gambe. Da lontano li si sente arrivare e come un oscuro presagio i cani li accompagnano con i loro ululati, nell’avvicinarsi i suoni che donano un tocco ancestrale e senza tempo a queste strane figure dall’aspetto antropomorfico diventano sempre piu forti fino a costringerti in strada per osservarne la sfilata.
La tradizione de “los fariseos” trova origine con i primi missionari arrivati qui che, conoscendo le potenzialità del teatro, decisero di spiegare il vangelo e il cristianesimo agli indigeni attraverso rappresentazioni teatrali. In particolare il significato attribuito a “los fariseos” trova fondamento nella rappresentazione della passione di Cristo, messa in atto da una etnia indigena del luogo conosciuta come Yaqui.
Nel loro abbigliamento “los Fariseos” rievocano l’immagine dei soldati romani che uccisero Gesù, per questa ragione infatti girano sempre con mantelli e cinturoni, l’inquietante maschera invece, prodotta con pelli di mucca, cervo o capra, rappresenta il male e per questa ragione ogni Fariseo porta con se nella bocca un crocifisso collegato ad un rosario. Durante lo sfilare per le vie della città sono temuti dai bambini, se non gli si danno offerte infatti la pena è una “pacca” al bambino di turno, questa è una metafora per trasmettere il valore dell’elemosina verso chi soffre.
Essere uno de “los fariseos” non è per niente facile, i vestiti appesantiscono il ballare e suonare sotto il sole, per quaranta giorni non ci si può ne lavare, ne vedere TV, ne portare con se telefoni ma soprattutto bisogna stare lontani dai propri famigliari. Tutto ciò per rievocare la sofferenza di Gesù e per “riscattare” i proprio errori e peccati.
Il tamburo che sempre accompagna “los fariseos” rappresenta il suono dei chiodi che furono piantati nelle mani e piedi di Gesù, mentre il flauto rappresenta il pianto di Maria.
Tutto il rituale dura per l’appunto quaranta giorni ovvero tutta la quaresima, il sabato di Gloria tutti “los fariseos” si incontrano fuori da diverse chiese sparse per la città dipendentemente dal gruppo indigeno alla quale appartengono e finalmente dopo aver chiesto perdono a Gesù per tutte le offese arrecategli, bruciano la maschera come simbolo del male che hanno estirpato da loro dopo i giorni di penitenza.
Certamente vedere questo spettacolo per le strade, soprattutto alla luce di ciò che ci sta dietro, è molto emozionante e rievoca voci e suoni di una spiritualità ancestrale purtroppo dimenticata nel nostro “occidentalismo” ma che qui trova forma e si esprime con un numero crescente di persone che ogni anno decidono di unirsi a “los fariseos”.
Maicol Zambon, Volontario in Messico con il Servizio Volontario Europeo
Leave a comment
Devi essere connesso per inviare un commento.